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In rari e preziosi casi, la potenza della letteratura è tale da far vivere il miraggio della perfezione. Lo si scorge come un miracolo sospeso, ad esempio, nella serie di poemi in prosa che compone "Libertà grande", raccolta di testi vertiginosi pubblicata originariamente nel 1946 e poi arricchita per oltre un ventennio da uno dei maestri di stile del Novecento francese. Attraversando deserti di ghiaccio, architetture trasfigurate dalla luce dell'alba e porti affollati di vele notturne Julien Gracq si abbandona a suggestioni dal sapore surrealista senza per questo rinunciare al nitore classico della frase cesellata né tantomeno a un gusto romanzesco capace di donare un afflato d'avventura a ogni paesaggio. Diario di viaggi immaginari e taccuino di estasi letterarie, "Libertà grande" è una celebrazione, un inno, un incantesimo dove la lingua si dispiega nel suo massimo potere evocativo e la parola è l'orizzonte in cui gli esseri umani abitano il mondo.